Diario Etiopia - Cachilli 05

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Viaggi
ETIOPIA CRISTIANITA’ COPTA
 
 
Milano - Addis Abeba
09 gennaio. In tarda serata partenza con volo di linea per la capitale etiopica. Pernottamento a bordo.
Siamo in sedici per questa avventura :
Cesare e Maria
Pierluigi e Oretta
Bruno e Vanna
Virginia, Luisa e Lucia
Anna Uno
Anna Due
Mariangela
Rachele  
Edda
Miranda
Paolo
L’appuntamento è per le 18,30 in aeroporto ed il gruppo si raduna puntuale tanto che riusciamo ad anticipare di un’ora il volo per Roma, mentre la partenza per Addis Abeba avviene con un leggero ritardo.
  
Addis Abeba (sereno 27°)
10 gennaio. In mattinata arrivo ad Addis Abeba. Espletate le formalità doganali trasferimento in hotel.
Inizio visita della città; Addis Abeba significa “il nuovo fiore”, sorse come piccolo agglomerato lungo le rotte carovaniere e, dopo l’ampliamento operato da Menelik nel 1887, si popolò rapidamente fino a raggiungere l’attuale milione di abitanti. Posta a 2400 metri di altezza la capitale offre al visitatore, oltre che lo spettacolo di uno dei più grandi mercati d’Africa, il Museo Nazionale ed Etnografico, l’Africa Hall, la sala delle conferenze ed il Leone d’Etiopia, punto di riferimento della città.
Durante il volo recuperiamo il ritardo della partenza così che arriviamo ad Addis Abeba in orario. Sbrigate le pratiche doganali,  tutti tiriamo un sospiro di sollievo perché tutte le valigie sono arrivate con noi. All’uscita dall’aeroporto incontriamo la nostra guida DARIO, che ci accompagna all’hotel, ma assegnate le camere le lasciamo subito per avviarci alla scoperta della città.
Addis Abeba (nuovo fiore) sorge a 2600 m.s.l. su un altipiano e può essere suddivisa in quattro zone: l’ orientale dove hanno sede il Museo Nazionale, l’Università, il palazzo di Menelik e il Museo Etnologico, la centrale con la Cattedrale di San Giorgio (patrono dell’Etiopia), Churchill road (centro amministrativo e finanziario)  dove hanno sede i vari uffici governativi, la zona ovest dove   è ubicato il grande mercato, considerato il più grande dell’Africa, e la zona sud dove hanno sede le rappresentanze diplomatiche.
La nostra prima tappa è il Museo Nazionale  che espone oltre ai troni degli imperatori etiopi, interessanti reperti del periodo axumita.  Il reperto di maggior pregio sono i resti dell’Astralopitechus Afarensis, meglio conosciuto come Lucy o Dinqinesh (parola che in etiope significa: Sei Splendida), vissuto tra i 3,9 - 3,0 milioni di anni fa.
Pranziamo al ” Addis Ababa Restaurant” uno dei più vecchi ristoranti della città dove abbiamo il primo assaggio della cucina locale. Ci viene offerto il piatto tradizionale etiope: su un vassoio comune ricoperto da ‘njera -pane lievitato e spugnoso- viene servito il wot -stufato piccante di varie carni con salse altrettanto piccanti a base di berberè ( peperoncino con l’aggiunta di altre spezie e erbe): regola fondamentale é  mangiare con le mani!  Terminiamo il pasto con il caffè servito secondo la tradizione  etiope.
Il pomeriggio riprendiamo il tour con una tappa al merkato comunemente conosciuto come Addis Kelema quindi ci dirigiamo all’università per visitare il Museo Etnologico situato in quello che era il palazzo del Negus. Ultima meta della giornata è la salita alle colline Entoto a 3000 msl di altezza: da qui si dovrebbe avere una splendida visione della città, ma la foschia ce lo impedisce.
Rientrati in albergo mi ritiro presto in quanto la giornata è stata interessante ma lunga e impegnativa.
 
Bahir Dar e il Nilo Azzurro (sereno 28°)
11 gennaio. Volo per Bahir Dar e visita alle cascate del Nilo Azzurro. Secondo un’antichissima leggenda, il Nilo Azzurro scendeva dal cielo: erano le lacrime della dea Iside alla ricerca del suo amato sposo Osiride ucciso dal fratello Seth, ad originare le piene del fiume. Esso scorre tranquillo tra rive distanti circa 250 metri e rivestite di lussureggiante vegetazione, si allarga fino a formare un fronte di quasi 500 metri e, dividendosi in quattro rami precipita con un salto di 45 metri in una stretta e pittoresca gola: la cascata di Tisisat,  descritta dai viaggiatori come una delle più belle del mondo.
 La sveglia è suonata prima dell’alba per permetterci di arrivare puntuali per il volo a Bahar Dar, cittadina sul Lago Tana, che raggiungiamo a meta’ mattina. L’albergo è caratterizzato da bungalows nuovi sparsi in un rigoglioso giardino tropicale in fiore, ma per giungervi si percorre una strada fiancheggiata da misere capanne. Dopo aver sistemato i bagagli ci avviamo alla scoperta della città e anche qui una tappa d’obbligo è il mercato. E’ vasto, non come quello di Addis, ma per noi unici stranieri presenti, camminare tra vie, viuzze e vicoli dove si vende proprio di tutto, con l’odore del berberè che pizzicando  naso e  gola fa continuamente starnutire o tossire, è stata un’esperienza unica. Nel pomeriggio a circa 40 Km dalla città,  dopo  una piccola deviazione necessaria per permettere che una gran moltitudine di gente presenzi ad un funerale, raggiungiamo le cascate Tisisat (acqua fumante).
Lasciato il pulmino percorriamo il sentiero che scende al ponte portoghese di Tisohà Dildil eretto dall’imperatore Fasilidas. Attraversato il ponte riprendiamo il percorso, superiamo gli isolati tucul di un piccolo villaggio da cui sbucano decine di ragazzini e ragazzine che offrono i loro manufatti e dopo una mezz’oretta giungiamo alla celebrata acqua fumante; le cascate dovevano essere molto belle prima della costruzione di una  centrale elettrica che ha ridotto di molto la portata delle acque. Da questo punto il Nilo Azzurro, scavando l’altopiano per più di 600 Km, arriva  a Karthoum e si unisce al Nilo Bianco dando origine al Nilo del Sahara che sfocia nel Mediterraneo.
Sulla strada del ritorno ci fermiamo su una collina che domina la città e il lago Tana per ammirare il sole tramontare dietro il Nilo.
 
Il lago Tana e le chiese copte (sereno 29°)
12 gennaio. Giornata di escursione sul lago Tana. Posto a 1860 metri d’altezza, a forma di cuore, il lago Tana è di origine vulcanica. L’escursione in battello offre l’opportunità di scoprire e visitare le chiese e i monasteri che si celano tra la vegetazione e sulle isole dove hanno trovato rifugio e sepoltura monaci e re e dove pare sia stata nascosta l’Arca dell’Alleanza durante i periodi bui della storia etiope; i monaci saranno orgogliosi di mostrare alcuni dei loro tesori: icone e manoscritti medioevali, corone e paramenti sacri.
Ore 8 salpiamo verso Dek, la più grande isola del lago Tana (il lago ha una superficie di 3600 kmq pertanto è circa 8 volte più grande del lago di Garda), dove arriviamo dopo 3 ore di navigazione. Durante la traversata incontriamo alcune tanqwas le tipiche imbarcazioni  di canna di papiro ancora oggi in uso alla popolazione locale dei Woyto.
La prima chiesa che visitiamo è Nagra Selassie (Riposo della Trinità) e fu fatta costruire alla meta’ del XVIII secolo dall’imperatrice Mentwab. Esternamente ha forma ottagonale circondata da un portico e le tre porte (la centrale riservata ai sacerdoti mentre le laterali sono rispettivamente l’una agli uomini e l’altra alle donne) costruite con enormi tavole di giganteschi sicomori danno accesso alla chiesa, internamente decorata con pitture in stile locale che illustrano episodi e storie della religione copta. L’area più interna, riservata ai sacerdoti, è il Sancta Sanctorum luogo dove secondo la tradizione copta è conservata l’Arca dell’Alleanza .
Le chiese copte etiopi non sono in muratura,  ma costruite con paglia fango e sterco animale pertanto è impossibile usare la tecnica dell’affresco sulle pareti che sono ricoperte da dipinti su tela, pergamena o pelle  animale.
Lasciamo l’isola dopo mezzogiorno per raggiungere la penisola di Zeghie dopo 2 ore di navigazione.
Non lontano dall’attracco sorge la chiesa di Azwa Maryam (Santa Maria) che presenta esternamente forma circolare, caratteristica rilevante della gran maggioranza delle chiese copte. L’interno ha pregevoli raffigurazioni, alcune anche abbastanza moderne in sostituzione delle originali danneggiate dal tempo. Mentre mi sto rimettendo le scarpe (prima di entrare nelle chiese le scarpe devono essere tolte) mi colpisce una costruzione li accanto che mi dicono essere un’altra chiesetta e mentre il gruppo si avvia alla nuova tappa io e Pierluigi scopriamo che è una specie di sacrestia-museo che espone antichi dipinti, paramenti, ombrelli da processione, manoscritti con preghiere, croci di varie grandezze, tutti oggetti che i sacerdoti usano durante le funzioni religiose.
Incuriosiscono anche le campane: grosse pietre sospese con corde che vengono percosse con un sasso.
Dopo una passeggiata di mezz’ora nella lussureggiante foresta arriviamo al complesso della chiesa di Ura Kidane Meheret (Verbo del Perdono). In un primo cortile  un piccolo tucul ospita il museo ricco di manoscritti, dipinti, corone di re etiopi, croci e oggetti in argento per il culto.
Poco più in là appare la chiesa. Esternamente sembra un grande tucul col tetto in paglia ma una volta entrati si è abbagliati dalle splendide tele che coprono completamente le pareti esterne del Maqdas e le pitture che rivestono l’interno di alcune finestrelle votive.
All’uscita, sulla strada verso il battello, ci fermiamo alle bancarelle di souvenir per alcuni acquisti.
 
Gondar (sereno 27-28°)
13/14 gennaio. Gondar si raggiunge via terra percorrendo la vecchia strada costruita dagli italiani. La città è situata su una piatta dorsale che da una corona di monti elevati oltre 3000 metri scende verso sud. Sede degli Imperatori d’Etiopia nei sec. XVII e XVIII, essa conserva di quell’epoca le pittoresche rovine dei celebri castelli imperiali ed alcune delle sue 44 antiche chiese; quando il figlio di Susenios, Fasiladas il Grande (1632-1667), intorno al 1635 la elesse a sua capitale permanente, facendovi poi costruire grandiosi edifici, Gondar non era che un villaggio insignificante. I costruttori sarebbero stati meticci portoghesi, levantini e indiani. Il grande castello di Fasiladas con quattro torri angolari rotonde e un torrione quadrato, la cui elegante facciata ricorda vagamente le costruzioni del nostro Rinascimento, è a due piani con slanciati portali e finestre in tufo di un bel colore violaceo. Interessante da visitare è anche il bagno di Fasiladas, costituito da un padiglione rettangolare, fu luogo di delizie di Fasiladas e dei suoi successori ed è ora teatro della più animata e colorata delle feste religiose etiopi: Timket, l’Epifania, che commemora qui, tra spruzzi, bagni collettivi e danze ritmate dai tam-tam, il battesimo di Cristo.
Lasciamo Bahar Dar subito dopo colazione e appena fuori città la strada attraversa campi coltivati e numerosi piccoli villaggi. Dopo circa 30 chilometri di bus incontriamo il villaggio di Hamusit  dove sostiamo  per visitare il mercato e sotto gli occhi incuriositi dei locali gironzoliamo tra la merce esposta spesso direttamente a terra; in un attimo siamo circondati da una moltitudine di bambini curiosi. Anna Uno, forte della sua esperienza di istitutrice insegna loro alcuni giochi tanto che non vorrebbero lasciarci ripartire. Più oltre compare un suggestivo torrione roccioso, forse i resti di una tappo vulcanico e vicino alla nostra meta, su una altura, svettano le rovine del castello di Guzara costruito nel XVII secolo dall’imperatore Denghel.
Edda è nata a Gondar che ha lasciato all’età di tre anni e, pur non avendo ricordi è ansiosa di incontrare la sua città natale. Giunti  all’albergo noi tutti scendiamo subito e ci schieriamo su due file per permetterle, davanti a stupiti passanti, un ingresso trionfale : emozionata e  contenta, scoppia in pianto.
Nel pomeriggio visitiamo il centro storico fondato alla metà del 1600 dall’imperatore Fasilidas e pare costruito con l’aiuto di artigiani indiani e architetti portoghesi. L’area racchiusa nel makababya (mura del complesso imperiale) si estende su una superfice di sette ettari, é affiancata dagli edifici costruiti dagli italiani durante l’occupazione coloniale. Restiamo sorpresi da questo straordinario luogo perché è quasi impensabile trovare sull’altipiano etiope, ancora punteggiato da villaggi con capanne in paglia e fieno, una città fortificata così interessante. Appena oltre la cinta muraria l’ attenzione viene attirata dal notevole complesso di palazzi: il castello di Fasilidas con i suoi quattro torrioni, la biblioteca, la cancelleria del re Yohannes, il castello del re Iyasu, il castello della regina Mentwab e gli altri edifici minori non meno affascinanti e suggestivi.
Terminata la visita ci dirigiamo, passeggiando per le vie centrali, verso l’hotel facendo una sosta sulla terrazza di un bar per uno “spritz” che in Etiopia è una densa bibita di diversi frutti frullati.
Iniziamo la nostra seconda giornata a Gondar visitando le “piscine di re Fasilidas”  una delle costruzioni più suggestive che abbia fatto costruire questo sovrano. Il parco é protetto da una possente cinta muraria e il palazzo in stile medioevale si specchia nella piscina che  abbiamo la fortuna di veder  colma d’acqua del fiume Qaha in quanto fervono i preparativi in occasione della ormai prossima festa del Timket.
Nostra meta successiva è la chiesa Debra Berhan Selassie (Monte della luce dalla Trinità) forse l’unica chiesa etiope copta a pianta rettangolare, edificata sui resti ancora visibili di una precedente chiesa circolare. L’interno ci mostra la sua  straordinaria bellezza: il plafone è interamente decorato da file di volti di angeli dai grandi occhi che guardano in tutte le direzioni, mentre le pareti dipinte illustrano scene della vita di Gesù, della Madonna e dei Santi. Domani ricorre la festività della SS.Trinità,  ed all’ interno della chiesa sono già iniziati i  riti religiosi scanditi dal lento ritmo della musica di tamburi e sistri  che guidano le sacre cantilene di preti e diaconi che pregano a turno Dio,  alternandosi nei cori.
Tappa d’obbligo di fronte alla chiesa  un negozio di souvenir!   Facciamo i nostri acquisti e ci accordiamo con una ragazza che sta tostando il caffè per gustarne una tazza oggi nel pomeriggio . Dopo la sosta-pranzo in un ristorante del centro cittadino, dove io assaggio una gustosa crema di ceci con burro e manzo e l’immancabile ‘njera, torniamo dalla ragazza per il caffè: lo prepara secondo il tradizionale rito etiope accompagnato da pop-corn mentre siamo avvolti dal profumo dell’incenso che brucia in una ciotola.
Ultima visita è il castello di Qousquam fatto erigere dalla regina Mentwab in cima a una collina a pochi chilometri dalla città e da cui si ha una stupenda vista su tutta Gondar.
Durante la cena festeggiamo ancora il ritorno alle origini di Edda e, dopo i discorsi di rito le consegniamo spiritose pergamene e giornali opportunamente elaborati per documentare l’avvenimento. Terminiamo la serata in un tipico locale bevendo birra artigianale con miele e assistendo allo spettacolo folcloristico di musica e balli. Le ballerine ben volentieri accettano una mancia, ma prima di intascare le banconote le leccano e incollano sulla fronte in segno di ringraziamento ( a proposito NON DITE A MIA MOGLIE CHE HO ANCHE BALLATO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!).

Axum (sereno 27°)
15 gennaio Di mattina trasferimento in aeroporto e volo per Axum. La città fu capitale del più grande regno dell’antichità africana. Il regno axumita nacque qualche secolo prima di Cristo e le colossali stele e le rovine dei palazzi danno un’idea della sua potenza. Qui è conservata, secondo la tradizione “Tavole della legge” consegnate da Yahweh a Mosè sul monte Sinai, poi rubate dal Tempio di Gerusalemme da Menelik, primo Imperatore d’Etiopia, figlio della Regina di Saba e di Re Salomone. Le glorie di questo antico e reale passato sono manifeste negli altari votivi eretti dagli antichi re e nei resti del cosiddetto “Palazzo della Regina di Saba”.
Il percorso dall’aeroporto all’albergo ci mostra una città diversa da quelle viste fino ad ora: sembra più pulita ed ordinata, non ci sono baracche o capanne, ma vere e proprie case!!
Dalla terrazza del ristorante dell’albergo godiamo di una bella vista sulla città: la piscina della regina di Saba, la nuova chiesa di Maryam Sion e il Parco delle Steli primo dei luoghi che  visiteremo.
In questo sito archeologico  svettano più di un centinaio di steli funerarie di roccia di sienite, materiale scuro e a grana grossolana sembra proveniente da una cava ad una decina di chilometri di distanza.
La più alta stele scolpita è ben 23 metri e secondo gli ultimi studi sarebbe il monumento funebre del re Ezana vissuto nel IV secolo d.C. Un’altra stele di 33 metri, dedicata al re Ramhai vissuto nel III secolo d.C., incisa sui quattro lati a simboleggiare un edificio di 13 piani, è però stesa a terra, caduta durante i lavori di innalzamento. Tra le due è stata riposizionata la stele di 21 metri, anch’essa lavorata a raffigurare un edificio, resa qualche anno fa dagli italiani che durante l’occupazione di fine anni trenta l’avevano trasferita a Roma.  Visitiamo le tombe sotterranee dove sembra siamo ancora sepolti i re a cui sono dedicate le steli e, annesso al parco, il museo che espone reperti del regno axumita e oggetti provenienti da regioni con cui questi popoli intrattennero rapporti commerciali.
Dopo la pausa pranzo ci dirigiamo alla necropoli di re Kaleb e del figlio Gebre Meshel. Il complesso si snoda in cunicoli e camere funerarie costruite con grosse pietre perfettamente tagliate, levigate ed incastrate con grande perizia e su cui si possono vedere incise piccole figure di elefanti e croci.
Ritornando verso Axum sostiamo presso una casupola che al suo interno conserva una stele incisa su un lato in lingua ge’ez
(antico amarico), sull’ altro lato in greco e sul terzo in antico ebraico, che racconta le gesta del re Ezana.
Poco lontano  i gradini scolpiti nella roccia portano alla  grande piscina il “Bagno della regina di Saba”
Subito dopo ci dirigiamo fuori città per visitare il palazzo Dongour impropriamente ribattezzato Palazzo della regina di Saba. L’imponente struttura, edificata in pietre a secco probabilmente attorno al IV secolo, è composta da circa cinquanta stanze tra cui la sala del trono e sono ancora  ben visibili i resti delle cucine con i relativi forni. Sul lato opposto della strada  in mezzo ai campi coltivati svettano decine di steli grezze e i locali chiamano questa zona “Steli di Giuditta”.
Rientriamo in Axum per visitare la chiesa “Maryam Sion”(interdetta alle donne) fatta erigere da re Fasilidas alla metà del 1600 sulle rovine di una precedente chiesa eretta da re Ezana e la nuova chiesa fondata da Haile Selassie a meta’ del ‘900. Fra le due chiese si trova una cappella che la leggenda narra custodisca “L’Arca dell’Alleanza” con  le tavole che Dio diede a Mosè sul monte Sinai,  qui trasferita da Menelik figlio di Salomone e della regina di Saba. L’ingresso alla cappella é rigorosamente vietato a tutti fatta eccezione per Abba Mekonen il custode che ha il compito di sorvegliare il luogo fino alla sua morte.
Prima di rientrare in albergo per un meritato riposo ci fermiamo presso alcuni negozi di souvenir per gli ormai consueti acquisti.
 
Lalibela (sereno 26/27°)
16/17 gennaio Di prima mattina da Axum si vola su Lalibela. Lalibela, scoperta per la prima volta dagli europei nel 1520, è rimasta sempre isolata a causa del difficile accesso che ne ha mantenuto intatta l’originalità e la bellezza. Situata in una ridente conca che sembra nascondere le sue undici chiese monolitiche scavate nella roccia e ancor oggi in uso. Sarebbero state costruite prima del 1255 e nell’arco di 23 anni da Lalibela, Imperatore della dinastia Zague, forse ad opera di artigiani copti venuti dall’Egitto o da Gerusalemme. Le chiese sono tutte ricavate in un unico grande masso di grès rossastro, scavato all’interno e lavorato esternamente in modo da assumere la forma di tetto, facciata e pareti ed infine traforate per ottenere porte e finestre. E’ uno spettacolo osservare l’arrivo all’alba dei pellegrini per le funzioni quotidiane.
Lalibela (la Gerusalemme d’Africa) è forse una delle località più suggestive del pianeta! Può sembrare una affermazione retorica, ma basta ammirare le sue chiese monolitiche, scavate in poco più di vent’anni a metà del XIII secolo dal re Lalibela da cui la città prese il nome, per rendersi conto che così è. L’area in cui si trovano le chiese è percorsa da un fiume artificiale chiamato Giordano che divide la zona in occidentale e nord-orientale. La nostra prima meta è la chiesa di Bet Maryam (Casa di Maria) l’unica dipinta e disposta su due piani. Al piano superiore (non accessibile ai visitatori) sono custoditi  i tesori e le reliquie.  Caratteristica  è la cisterna esterna con acqua stagnante che si mantiene sempre allo stesso livello e nella quale si immergono le donne sterili affinché possano procreare. Dal cortile, attraverso un cunicolo scavato nella roccia, arriviamo a Medhane Alem (Salvatore del Mondo) la più grande chiesa in un blocco monolitico, che misura 34 metri di lunghezza per 23 ed è alta più di 11 metri. All’esterno si contano 34 colonne quadrangolari mentre all’interno 28 colonne la dividono in navate. Siamo gli unici visitatori e il sacerdote ci accoglie cordialmente per mostrarci la “Croce Sacra di Lalibela” e condividere  una preghiera. Passando nuovamente accanto a Bet Maryam arriviamo all’ingresso di Bet Meskal (Chiesa della Croce); anche qui il prete é ben disposto verso di noi tanto che ci permette di baciare la sua croce secondo il rito copto: si appoggia la fronte sulla parte superiore della croce,  si baciano  dapprima la parte dove immaginariamente si trova il volto di Cristo e per ultimo i piedi. Uscendo dalla chiesa di fronte a noi c’è Bet Danghal (Casa delle Martiri) dedicata a 50 giovani suore che nel IV secolo furono perseguitate e uccise. Da qui per arrivare alla chiesa Bet Mikael percorriamo sentieri, scale intagliate nella roccia e camminamenti a gradoni sulla fiancata dell’edificio a più di due metri di altezza dalla sua base.  L’interno è diviso in tre navate ed in fondo sulla sinistra un passaggio conduce alla Bet Golghota, vietata alle donne. Sulle pareti, in nicchie cuneiformi, ci sono bassorilievi che raffigurano Santi e Angeli, ma la chiesa è famosa perché nel Sancta Sanctorum sono simbolicamente conservate le tombe di Cristo e di re Lalibela. La leggenda narra che chi visita questa chiesa ottiene la certezza dell’ingresso in Paradiso.
Mentre torniamo al nostro pulmino un gran frastuono di macchine e canti accompagna il corteo di un matrimonio che si sta dirigendo verso Bet Giorgis per la benedizione propiziatoria degli sposi, ma siamo troppo distanti per raggiungerli così non ci rimane che scattare qualche foto da lontano.
Il mattino successivo ci troviamo a colazione sotto un cielo che sembra annuvolarsi, ma  poco dopo il sole  alzandosi  sull’orizzonte preannuncia una bella giornata per la visita alle  chiese orientali. Il pulmino ci lascia non lontano dal “Giordano”, lo attraversiamo e  a destra appare la chiesa Bet Gabriel e Rafael (Chiesa degli Arcangeli): é un unico complesso ma in molti considerano due le chiese perché custodiscono all’ interno due “Arche dell’Alleanza”.
Usciti percorrendo un breve passaggio scavato nella roccia giungiamo a Bet Lehem (Chiesa di Betlemme) accolti dal  prete custode che, con la sua croce in mano, ci concede di baciarla e poi benedice tutti i membri del gruppo.
Percorrendo un oscuro tunnel  saliamo per difficoltosi gradini per entrare a Bet Mercurios (Chiesa di S.Mercurio), ricostruita dopo un parziale crollo. Qui il sacerdote, dopo il rituale bacio della croce, ci fa ascoltare un breve brano di musica sacra eseguita con il tamburo, elemento tradizionale delle funzioni copte.
Altra galleria, altra scala da scendere e si giunge  a Bet Emanuel  edificio monolitico tra i più belli di Lalibela. La chiesa a due piani è decorata da fasce orizzontali rientranti e sporgenti che richiamano lo stile della civiltà axumita. Anche qui come in altre chiese visitate in precedenza, ci sono intorno  nicchie che  ospitano monaci e pellegrini.  
Nuova galleria, nuovo passaggio ed ennesima scala ci portano a Bet Abba Libanos uno dei santi più venerati in Etiopia. La leggenda racconta che la chiesa venne costruita in una sola notte dalla regina Maska Kebra, moglie del re Lalibela, con  l’aiuto degli angeli. La sommità della chiesa in stile axumita , è rimasta attaccata alla roccia madre, mentre la facciata adornata da colonne é arricchita da tre serie di finestre.
Un poco discosto dalle altre chiese troviamo Bet Giorgis (Chiesa di San Giorgio); visivamente è la più affascinante e forse la più nota tra tutte le chiese di Lalibela in quanto s’affossa nella montagna per oltre 13 metri ed é circondata da un camminamento che la nasconde alla vista. Bisogna salire su uno dei vicini pendii per notarla e ammirare la sua forma a croce con il tetto scolpito a croci concentriche.
Nel pomeriggio ci dirigiamo a pochi chilometri dalla città per visitare Bet Neakutellab chiesa costruita in una grotta la cui volta funge da tetto. La particolarità di questa chiesa, fatta erigere dal re Nekutellab nipote di re Lalibela, è che dalla montagna che la sovrasta gocciola acqua all’interno anche durante i periodi di grande siccità  e i fedeli la prelevano come acqua benedetta. All’interno é esposto un grande dipinto su pelle di bue risalente all’epoca di costruzione della chiesa e nel cortile attiguo sono conservate le corone, le croci reali del fondatore ed un prezioso codice miniato sempre coevo alla chiesa.  
Sulla strada del ritorno ci fermiamo a casa di una signora locale per gustare un’ottima birra al miele ed un eccellente caffè servito secondo il tradizionale cerimoniale.
Domani inizieranno le celebrazioni per la festa del Timket  e già c’è un grande movimento di fedeli. Dopo la cena a base di ‘njera e wot terminiamo la giornata nel cortile dell’albergo chiacchierando intorno ad un suggestivo falò.
 
Addis Abeba (sereno 26-27°)
18/19 gennaio In mattinata rientro nella capitale con un volo locale e trasferimento in hotel. Giornata dedicata alla festività copta di “Timket” (Epifania) e si potrà assistere alle varie funzioni di questa festa tra le più importanti d’Etiopia. Il 19 gennaio giornata dedicata alla festività copta di “Timket” (Epifania) e completamento visita della città. In tarda serata trasferimento in aeroporto.
Ritorniamo ad Addis Abeba per assistere alla festa del Timket (Epifania) che è la ricorrenza religiosa più importante del calendario copto e ricorda il battesimo di Cristo ad opera di S.Giovanni.
Il pomeriggio della vigilia i preti, addobbati con elaborate vesti e ombrelli finemente ricamati, escono in processione da tutte le chiese della città portando sul capo il Tabot  tavole in legno o pietra ricoperto da vari strati di stoffa preziosa. Il Tabot rappresenta l’Arca dell’Alleanza contenente i 10 Comandamenti. I vari cortei, seguiti dai devoti, che manifestano la loro fede con balli e canti e lentamente raggiungono il grande spiazzo dove il giorno successivo si celebrerà la festa. Noi lasciamo il pulmino e  ci uniamo alla folla cantilenante verso il punto di raduno. Arrivati alla spianata, grazie agli speciali pass di cui siamo muniti possiamo accedere all’area riservata dove,  alla presenza della massima personalità religiosa della chiesa copta etiope,  il patriarca Abuna Paulos sono allineate le Arche dell’Alleanza con accanto preti e diaconi con le rispettive croci. Si celebra la funzione religiosa con canti e litanie che si diffondono tutt’attorno. Al calar del sole, poichè le varie funzioni continueranno ininterrottamente per tutta la notte e la solenne messa inizierà non prima dell’alba, torniamo in albergo. Alle 7  del mattino successivo lasciamo l’albergo per raggiungere di nuovo lo spiazzo della festa.
Non c’è ancora molto traffico perciò possiamo addirittura parcheggiare il pulmino all’interno dell’area riservata alle autorità. Con Rachele mi trovo in prima fila a pochi passi dal patriarca che sta officiando e ai bordi della piscina in cui i fedeli rinnoveranno il battesimo.
Al termine della messa il patriarca seguito dagli altri religiosi benedice prima la piscina poi la fonte battesimale immergendo la propria croce nell’acqua e spruzzando i circostanti.
Prima di procedere alla benedizione della folla, che oramai raggiunge decine di migliaia di fedeli tenuti fuori dall’area del culto da un imponente servizio d’ordine, si terranno una ulteriore processione delle Arche dell’Alleanza giunte ieri ed  altre funzioni che centinaia di preti e diaconi accompagneranno da canti al ritmo dei tamburi e sistri. Io e Rachele lasciando la nostra postazione abbiamo l’opportunità di baciare la mano di Abuna Paulos, che mi meraviglia con un saluto  “bravo italiano”! (forse ci ha sentiti chiacchierare!!!).
Prima di pranzo facciamo un tour della città per vedere i principali palazzi governativi e visitare la cattedrale cattolica.
Il pomeriggio ci rechiamo presso un centro salesiano dove un gruppo di volontari impegna un centinaio di ragazzi di strada allo studio e ad imparare un lavoro per favorire il loro reinserimento
Il nostro viaggio oramai è al termine, ma prima di andare all’aeroporto abbiamo ancora l’opportunità di cenare in un ristorante tipico accompagnati da canti e balli di un gruppo folcloristico.
Arrivati al terminal salutiamo Pierluigi che non rientrerà con noi ma domani raggiungerà Kinshasa, sbrighiamo senza intoppi le varie formalità e in perfetto orario lasciamo l’Etiopia.

Milano
20 gennaio Volo intercontinentale per l’Italia con arrivo in giornata.  
Arriviamo a Milano in perfetto orario, con tutti i nostri bagagli appesantiti dai tanti souvenir e ci salutiamo con la promessa di rivederci presto per uno scambio di fotografie ma soprattutto di indimenticabili ricordi.


 
 
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